Lucia Coppola - attività politica e istituzionale | ||||||||
Legislatura provinciale
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Comune di Trento
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Trento, 2 ottobre 2015 Confesso la mia meraviglia e la mia difficoltà di insegnante, ma anche di mamma e nonna, nel comprendere lo sdegno e le contese ideologiche che si sono scatenate sulla questione del “gender” a scuola. In realtà penso che le cose siano molto più semplici di quanto si voglia farle apparire e che si possano riassumere nella necessità e nel dovere per la scuola di adempiere a pieno al suo ruolo educante, formativo e di trasmissione di valori. Tra tutti il rispetto della persona. Nei miei trentotto anni di insegnamento, in modo del tutto naturale e sollecitata dai miei stessi alunni e alunne, mi è capitato di affrontare il tema dell'affettività, e, con le dovute accortezze, anche quello della sessualità. L'ho fatto sempre con il consenso dei genitori e con la dovuta delicatezza, ma non mi sono mai sottratta alla responsabilità di prevenire conflitti, prevaricazioni, acquisizione di comportamenti che poi, in età adulta, possono diventare violenti, brutali, aggressivi. Gli insegnanti hanno grandi responsabilità riguardo al clima che si crea in una classe e non devono chiudere gli occhi e far finta di niente, magari per pigrizia o per quieto vivere. Stigmatizzare diventa necessario, educativo. Dal momento però che sempre di bambini si tratta, è importante andare al recupero, non emarginare, far ragionare e riflettere prima di incorrere in sanzioni o punizioni. E’ importante insegnare a chiedere scusa e a mettersi in discussione, nella consapevolezza che tutti possiamo sbagliare. A questo servono anche le assemblee di classe, nelle quali si discute insieme, si confrontano le diverse opinioni, si ragiona sugli accadimenti della classe, si stipulano accordi e si assumono decisioni. Va detto che non sempre è possibile risolvere tutto con modalità pubbliche e comunitarie. Ci sono bambini che hanno bisogno del piccolo gruppo per esprimersi, del singolo insegnante con cui confidarsi e di momenti dedicati. Il tempo va trovato, perché le necessità dei bambini non sono solo materiali o strettamente scolastiche, e non vanno eluse e messe in secondo piano. L'educazione all'affettività e anche a una sessualità rispettosa, delicata, protetta, al rapporto tra i generi improntato al rispetto e alla reciprocità, porta, in particolare nella scuola superiore, a considerare con la massima attenzione e rispetto l'orientamento sessuale che, peraltro, è spesso già chiaro e si manifesta anche nella scuola primaria. Non si tratta certo di fare proselitismo tra eterosessuali o omosessuali o pensare di “guarire” presunte devianze. Si tratta di lavorare perché ciascuno possa godere del rispetto, dell'amicizia e del diritto ad amare quale che sia il suo orientamento. Sono sotto gli occhi di tutti le violenze indirizzate nei confronti di giovani e ragazzi che si affacciano alla vita e cercano di trovare il loro posto, le loro sofferenze, che spesso si concludono con suicidi. L'omofobia, proprio come il femminicidio, la violenza sulle donne o sui bambini, ha una sua peculiarità e specificità e va trattata nei modi giusti, garantendo tutela, protezione, anche legislativa, giustizia, pene certe. Chi subisce deve sentirsi sempre sostenuto e protetto, a scuola come in famiglia. E chi amministra e governa, ha il compito di garantire attenzioni e tutele, deve lavorare perché il rispetto degli altri entri a far parte delle modalità relazionali, del corretto confronto e scambio tra i generi non solo a scuola, ma anche in famiglia e nel mondo del lavoro, nei rapporti di coppia e nella società. Ecco perché la scuola, necessariamente, deve adempiere al suo ruolo educativo e la politica ha il dovere di accompagnarla in questo percorso virtuoso che consentirà ai nostri ragazzi e ragazze non solo l'educazione, la cultura, l'istruzione, ma anche il diritto a un po' di felicità.
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LUCIA COPPOLA |
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